163° Capitolo
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Domande agli Spiriti e relative risposte. - Da Allan Kardec
SPERANZE E CONFORTI - DOLORI E GIOIE D'OLTRETOMBA
163°Capitolo
Pene temporali
Lo Spirito che espia le sue colpe in una nuova esistenza soffre materialmente; parrebbe dunque inesatto il dire che dopo la morte l’anima non ha se non dolori morali?
E’ ben vero che, quando l’anima è reincarnata, le tribolazioni della vita sono per essa un patimento, ma il solo corpo ne soffre materialmente. Voi dite spesso che chi è morto non ha più da soffrire; ma bisogna distinguere. Come Spirito, certo non ha più dolori fisici, ma in proporzione delle colpe commesse, deve soffrire dolori morali più acuti, e in una nuova esistenza può essere ancora più disgraziato. Il ricco cattivo domanderà l’elemosina, e sarà assoggettato a tutte le privazioni della miseria, come l’orgoglioso a tutte le umiliazioni; quelli che abusarono della propria autorità, e trattarono i loro dipendenti con disprezzo e tirannia, dovranno ubbidire ad un padrone più duro di quanto essi furono. Tutte le pene e le tribolazioni della vita sono la espiazione delle colpe di un’altra esistenza, quando non sono le conseguenze delle colpe della vita attuale. Quando non sarete più sulla terra, lo comprenderete. L’uomo che si crede felice quaggiù, perché può soddisfare le sue passioni, fa pochi sforzi per migliorarsi. Egli sconta spesso già in questa vita l’effimera felicità, e se non la sconta in questa, la espierà certamente in un’altra.
Le vicissitudini di ogni vita sono sempre la punizione di colpe commesse in essa?
No. Come vi abbiamo già detto, sono anche prove imposte da Dio, o scelte da voi stessi nello stato di Spirito e prima della vostra reincarnazione per espiare le colpe commesse in un’altra esistenza, perché la violazione delle leggi di Dio, e specialmente di quella di giustizia, non rimangono mai impunite: se il castigo non viene in questa vita, verrà necessariamente in un’altra. E’ per questo che colui che in una esistenza è giusto e tuttavia soffre, non di rado sconta le colpe di un’esistenza precedente.
La reincarnazione dell’anima in un mondo meno materiale è un premio?
E’ la conseguenza della sua purificazione, poiché, come gli Spiriti si vanno purificando, s’incarnano in mondi sempre più perfetti, fino a che non si siano spogliati di tutta la materia, e lavati di ogni sozzura per godere eternamente la felicità dei puri in grembo a Dio.
Kardec: Nei mondi dove l’esistenza è meno materiale che nel nostro, i bisogni sono meno grossolani, e tutte le sofferenze fisiche meno vive. Gli uomini non sentono più le ree passioni, che nei mondi inferiori li rendono scambievolmente nemici. Perché praticano la legge di giustizia, d’amore e di carità, non hanno alcun motivo di odio o di invidia, e quindi vivono in pace fra loro, e non conoscono le ansie e i dolori, che nascono dall’orgoglio e dall’egoismo e sono il tormento della nostra esistenza terrena.
Lo Spirito che è progredito nella sua esistenza terrena, può tornare a incarnarsi nello stesso mondo?
Sì: se non gli è bastato il tempo per terminarvi il suo compito, può domandare di finirlo in una nuova esistenza; ma allora questa non è più un’espiazione.
Che sarà dell’uomo il quale, senza far male, tuttavia non si adopera punto per scuotere da sé il giogo della materia?
Poiché non avrà fatto alcun passo verso la perfezione, dovrà ricominciare un’esistenza uguale all’ultima infruttuosa: egli rimane stazionario e così prolunga i dolori della espiazione.
Vi sono alcuni, la cui vita scorre in perfetta tranquillità, scevra dalla minima cura. Sarebbe segno che non hanno più nulla da espiare?
Credendo così, v’ingannereste: il più delle volte quella quiete è apparente, non reale. Tuttavia, possono anche essersi scelta una tale esistenza; ma quando l’avranno abbandonata, si accorgeranno che non li fece progredire di un solo passo, e allora, come il pigro, rimpiangeranno il tempo perduto. Sappiate che lo Spirito non può acquistare
cognizioni ed elevarsi, se non con l’attività: se anneghittisce nell’indolenza, non procede come colui che avesse bisogno di lavorare per vivere, e andasse a passeggiare o a coricarsi per non far nulla. Sappiate altresì, che ciascuno dovrà rendere conto della volontaria inutilità della sua esistenza terrena, sempre fatale al suo avvenire. La somma della futura felicità è in ragione di quella del bene fatto, come la somma dell’infelicità è in ragione del male commesso.
Ci sono alcuni che, senza essere propriamente cattivi, col loro carattere fanno infelici tutti coloro che li circondano. Quale sarà la loro sorte?
Costoro non sono buoni di certo: come Spiriti liberi patiranno per la vista di quelli che avranno reso infelici, e poi, in un’altra esistenza, soffriranno quanto avranno fatto soffrire gli altri.