21° Capitolo
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La Creazione
21°Capitolo
Considerazioni e
Concordanze bibliche intorno alla Creazione
I popoli si sono formati delle idee contraddittorie intorno alla creazione, secondo il grado della loro istruzione.
La ragione, con l’aiuto della scienza, ha riconosciuto la inverosimiglianza di molte teorie.
Quella data dagli Spiriti conferma l’opinione da lungo tempo accettata dagli uomini più illuminati.
L’obiezione, che può farsi a questa teoria, è che contraddica al testo dei libri sacri; ma un ponderato esame dimostra come questa contraddizione sia più apparente che reale, e risulti dalla interpretazione letterale di frasi che hanno per lo più un significato allegorico.
La questione sull’origine dell’umanità, che, secondo la Bibbia, si fa risalire ad Adamo, come ad unico stipite, non è la sola fra le credenze religiose, a cui la scienza ci ha costretto a rinunziare.
Anche il movimento della terra parve in altri tempi tanto contrario al testo biblico, che furono oggetto di gravi persecuzioni per i dotti che lo affermavano.
Ma la verità finisce sempre col trionfare: la terra gira a dispetto delle scomuniche, e oggi nessuno potrebbe mettere in dubbio questo movimento, senza offendere la ragione.
Si afferma anche nella Bibbia che il mondo fu creato in sei giorni, e se ne stabilisce l’epoca a circa 4000 anni avanti l’èra cristiana.
Anteriormente, la terra non esisteva: il testo afferma chiaramente che essa fu tratta dal nulla; ma ecco che la scienza positiva, la scienza dalle inesorabili deduzioni, ha provato il contrario.
La formazione del globo è scritta a caratteri incancellabili nel mondo fossile, ed è provato che i sei giorni della Creazione sono altrettanti periodi, ciascuno dei quali della durata di parecchie centinaia di migliaia di anni.
E questo non è già un sistema, una dottrina, una opinione isolata; ma un fatto innegabile come quello del moto della terra, che la teologia non può non ammettere.
Questi esempi sono sufficienti a dimostrare in quanti errori è facile cadere, quando si prendono alla lettera le espressioni di un linguaggio spesso figurato.
Bisogna forse dedurne che la Bibbia insegna il falso? No; ma piuttosto che gli uomini si sono ingannati nell’interpretarla.
La scienza, rovistando nelle viscere della terra, ha riconosciuto l’ordine, col quale i vari esseri viventi sono apparsi sulla superficie di essa, e quest’ordine concorda con quello indicato nella Genesi, con la sola differenza che l’opera, invece di essere uscita miracolosamente dalle mani di Dio in poche ore, si è compiuta, sempre per effetto della sua volontà, ma secondo la legge delle forze della natura, in parecchi milioni di anni.
Iddio sarebbe per questo meno grande e meno potente? L’opera sua è meno sublime, perché non ha il merito della istantaneità? No certamente: avrebbe della Divinità un’idea troppo meschina chi non riconoscesse l’onnipotenza di Dio nelle leggi eterne, che Egli ha stabilito per governare i mondi.
La scienza, lungi dall’impicciolire l’opera di Dio, ce la mostra sotto un aspetto più grandioso e più conforme alle nostre nozioni della sua potenza e della sua maestà, appunto perché quest’opera si è compiuta senza derogare alle leggi della natura.
La scienza, d’accordo in questo con Mosè, riconosce l’uomo come l’ultimo creato nella scala degli esseri viventi; ma Mosè pone il diluvio universale nell’anno del mondo 1654, mentre la geologia c’insegna che il grande cataclisma fu anteriore alla comparsa dell’uomo, poiché, fino ad oggi, non si è potuto rinvenire negli strati primitivi alcun vestigio della presenza né di lui, né di animali della sua stessa categoria dal lato fisico.
Questo però non prova l’impossibilità della cosa, ed anzi varie scoperte l’hanno già messa in dubbio. Può darsi dunque, che da un momento all’altro si acquisti la certezza materiale di quest’anteriorità della razza umana e allora si dovrà riconoscere, che anche su questo, come su altri punti, il testo biblico è una figura.
Il nodo sta nel sapere se il cataclisma geologico sia quello stesso di Noè. Ora la durata necessaria alla formazione degli strati fossili non per mette di confonderli, e, trovate che si saranno le tracce della esistenza dell’uomo prima della grande
catastrofe, rimarrà dimostrato, o che Adamo non fu il primo uomo, o che la creazione di lui si perde nella notte dei tempi. Contro l’evidenza non valgono ragionamenti, e sarà giocoforza accettare questo fatto, come si è dovuto accettare quello del moto della terra e quello dei sei periodi della Creazione.
L’esistenza dell’uomo prima del diluvio geologico è cosa ancora ipotetica; ma ipotesi non è quanto segue: Ammettendo che l’uomo sia comparso per la prima volta sulla terra 4000 anni avanti il Cristo, se 1654 anni dopo, tutta la razza umana è stata distrutta, eccetto una sola famiglia, ne risulta che il popolamento della terra non data che da Noè, vale a dire da 2346 anni prima dell’éra nostra.
Ma, quando gli Ebrei emigrarono in Egitto nel diciottesimo secolo, trovarono questo paese assai popolato, e già innanzi nell’incivilimento.
La storia inoltre dimostra che in quell’epoca le Indie ed altre contrade erano del pari fiorenti, a tacere poi della cronologia di alcuni popoli, che rimonta ad epoche di gran lunga più remote.
Sarebbe dunque stato necessario che dal ventiquattresimo al diciottesimo secolo, cioè nello spazio di 600 anni, non solamente la posterità di un sol uomo avesse popolato tutte le immense contrade allora conosciute, anche ammettendo che le altre non fossero esistite, ma che in si breve intervallo di tempo la specie umana si fosse elevata dalla ignoranza assoluta dello stato primitivo al più alto grado dello sviluppo intellettuale, la qual cosa è contraria a tutte le leggi dell’antropologia.
Si aggiunga che a confermare questa opinione concorre validamente la diversità delle razze.
Il clima e le abitudini producono di certo delle modificazioni nel carattere fisico; ma sappiamo fin dove possa giungere la forza di queste cause, e l’esame fisiologico prova che in talune razze ci sono delle differenze costituzionali assai più profonde di quelle che può cagionare il clima.
L’incrociamento delle razze produce i tipi intermedi, e tende a cancellare, anziché a far risaltare i caratteri estremi: crea
solamente delle varietà.
Ma in ogni modo, perché fosse possibile l’incrociamento delle razze, era necessario che esistessero razze distinte, e come mai spiegarne l’esistenza, se si dà loro uno stipite comune, specialmente se poco antico?
Come ammettere che in qualche centinaio di anni alcuni discendenti di Noè si siano trasformati al punto da produrre, per esempio, la razza etiopica?
Una tale trasformazione è tanto inammissibile quanto l’ipotesi di uno stipite comune fra il lupo e la pecora, fra l’elefante e il moscerino, tra l’uccello ed il pesce.
Giova dirlo ancora una volta: nulla può prevalere contro l’evidenza dei fatti.
Tutto invece si spiega, ammettendo l’esistenza dell’uomo prima dell’epoca, che comunemente le si assegna, riconoscendo la diversità degli stipiti; accettando Adamo, che sarebbe vissuto 6000 anni fa, quale popolatore di una contrada ancora disabitata; riguardando il diluvio di Noè come una catastrofe parziale confusa poi col cataclisma geologico; tenendo il debito conto infine della forma allegorica propria dello stile orientale, e che si riscontra nei libri sacri di tutti i popoli.
E’ chiaro quindi che è cosa assai poco prudente il giudicare con leggerezza, e così tacciare di false alcune dottrine, le quali, come tante altre possono dare presto o tardi una smentita solenne a coloro che le combattono.
Le idee religiose, anzi che perdere, acquistano forza e grandezza camminando di pari passo con la scienza.
E’ questo l’unico mezzo per non mostrare allo scetticismo il lato vulnerabile.