24° Capitolo
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Principio Vitale
24°Capitolo
Intelligenza e Istinto
Kardec: Morto che sia l’essere organico, gli elementi dei quali è formato soggiacciono a nuove combinazioni, che costituiscono nuovi esseri. Questi attingono dalla sorgente universale il principio della vita e dell’attività, lo assorbono, e se lo assimilano, per restituirlo a questa sorgente, quando cessino di esistere.
Gli organi sono, per così dire, impregnati di fluido vitale. Questo comunica a tutte le parti dell’organismo un’attività, che ne opera, come in certe ferite, il riavvicinamento, e ristabilisce le funzioni momentaneamente sospese. Ma, ove gli elementi essenziali alle funzioni degli organi siano distrutti, o irrimediabilmente alterati, il fluido vitale non può trasmetter loro il moto della vita, e l’essere muore.
Gli organi reagiscono più o meno necessariamente gli uni sugli altri, e solo dall’armonia dell’insieme risulta la loro azione reciproca. Allorché, dunque, una causa distrugge questa armonia, le loro funzioni si arrestano a guisa del movimento di una
macchina, le cui ruote essenziali siano dissestate, come un orologio che si logora col tempo, o si guasta per un incidente improvviso, e che la forza motrice non riesce a mettere in movimento.
Immagine ancora più esatta della vita e della morte ci offre la macchina elettrica. Essa nasconde in sé medesima, come tutti i corpi della natura, l’elettricità allo stato latente. I fenomeni elettrici non si manifestano se non quando il fluido sia messo in attività da una causa speciale; e allora potrebbe dirsi che la macchina sia vivente.
Cessata la causa dell’attività, cessa il fenomeno, e la macchina torna allo stato d’inerzia. I corpi organici sarebbero in certo modo specie di pile o di macchine elettriche, nelle quali l’attività del fluido produce il fenomeno della vita: la cessazione poi di quest’attività genera la morte.
La quantità del fluido vitale non è la stessa in tutti gli esseri organici: varia secondo la specie e non è mai costante, né nel medesimo individuo, né negl’individui della medesima specie. Ve ne sono di quelli che, a dir così ne sono saturi, mentre altri ne hanno appena quanto basta; ond’è, che in alcuni la vita è più attiva più tenace e in certo modo esuberante.
La quantità di fluido vitale in ogni essere si esaurisce a poco a poco, e può divenire insufficiente a mantenere la vita, se non si rinnova con l’assorbimento e con l’assimilazione delle sostanze che lo contengono.
Il fluido vitale si trasmette da un essere all’altro. Chi ne ha di più può darne a chi ne ha di meno, e così in certi casi riattivare la vita, che era vicina a spegnersi.
L’intelligenza è un attributo del principio vitale?
No poiché le piante vivono, e non pensano: hanno la sola vita organica. Intelligenza e materia sono indipendenti l’una dall’altra, giacché un corpo può vivere senza intelligenza, e l’intelligenza non ha bisogno degli organi materiali che per manifestarsi. A rendere intelligente la materia animalizzata è necessario lo spirito.
Kardec: L’intelligenza è una facoltà speciale propria di alcune classi di esseri organici, a cui col pensiero conferisce da una parte la volontà di agire e la coscienza del loro essere e della loro individualità, e dall’altra i mezzi di mettersi in comunicazione col mondo esterno e di provvedere ai loro bisogni.
Quindi si possono distinguere:
1) gli esseri inanimati o corpi bruti, formati esclusivamente di materia, senza vitalità, né intelligenza;
2) gli esseri animati non pensanti, formati di materia, e dotati di vitalità, ma sprovveduti d’intelligenza;
3) gli esseri animati pensanti, formati di materia, dotati di vitalità, e inoltre forniti di un principio intelligente, che dà loro la facoltà di pensare.
Qual è la fonte dell’intelligenza?
Lo abbiamo già detto: l’intelligenza universale.
Si potrebbe dire, che ogni essere attinga una porzione d’intelligenza dalla sorgente universale, e se l’assimili, come attinge e si assimila il principio della vita materiale?
Non sarebbe che un paragone, ed anche non esatto, perché l’intelligenza è una facoltà propria a ciascun essere, di cui costituisce l’individualità morale. Del resto, già sapete che ci sono delle cose che non è dato all’uomo di penetrare, e questa per il momento è una di esse.
L’istinto è indipendente dall’intelligenza?
Non del tutto, poiché esso è una specie d’intelligenza. L’istinto è una intelligenza irrazionale, per mezzo della quale tutti gli esseri provvedono alle proprie necessità.
Si può stabilire un limite fra l’istinto e l’intelligenza, cioè precisare dove finisca l’uno, ed incominci l’altra?
No, poiché spesso si confondono, ma invece si possono distinguere gli atti che appartengono all’istinto da quelli che appartengono all’intelligenza.
Si può asserire che le facoltà istintive diminuiscono col crescere delle facoltà intellettuali?
No. L’istinto esiste sempre, ma l’uomo lo trascura. L’istinto anch’esso può condurre al bene: ci guida sempre, e talvolta con più sicurezza che la ragione, giacché non può traviare.
Perché non è sempre guida infallibile la ragione?
Lo sarebbe, se non fosse falsata dalla cattiva educazione, dall’orgoglio e dall’egoismo. L’istinto non ragiona; la ragione invece lascia la scelta, e dà all’uomo il libero arbitrio.
Kardec: L’istinto è un’intelligenza rudimentale, che differisce dall’intelligenza propriamente detta, perché le sue manifestazioni sono quasi sempre spontanee, mentre quelle dell’intelligenza sono il risultato di una combinazione e di un atto deliberato.
L’istinto varia nelle sue manifestazioni secondo le specie ed i bisogni degli esseri. In quelli che hanno la coscienza e la sensazione delle cose esterne, si unisce all’intelligenza, cioè al volere ed alla libertà.