48° Capitolo - Sapere

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48° Capitolo

Premesse > La Dottrina degli Spiriti > _B_ > Considerazioni

di Allan Kardec

CONSIDERAZIONI SULLA PLURALITA’ DELLE ESISTENZE
48°Capitolo

Il dogma della reincarnazione, dicono alcuni, non è nuovo; risale a Pitagora. E noi forse abbiamo asserito che la dottrina spiritica sia invenzione moderna? Lo Spiritismo è una legge di natura; quindi ha dovuto esistere fin dall’origine dei tempi, e noi ci siamo sempre studiati di provare che se ne rinvengono le tracce nella più remota antichità. Pitagora, come sanno tutti, non è l’autore del sistema della metempsicosi, poiché‚ lo ha ripreso dai filosofi indiani ed egizi, presso i quali esisteva da tempo immemorabile. L’idea della trasmigrazione delle anime era dunque una credenza volgare, ammessa dagli uomini più eminenti. Come e da chi l’avevano ricevuta? Per rivelazione o per intuizione? Non sappiamo: ma, comunque sia la cosa, un’idea non attraversa il tempo e non è accettata dal fiore dell’ingegni senza avere qualche lato serio. L’antichità della nostra dottrina sarebbe dunque piuttosto una prova che una obiezione. Però è anche noto che fra la metempsicosi degli antichi e la dottrina moderna della reincarnazione corre un’enorme differenza, poiché‚ gli Spiriti rigettano nel modo più assoluto la trasmigrazione dello spirito dell’uomo negli animali. Gli Spiriti dunque, insegnando il dogma della pluralità delle esistenze corporee, rinnovano una dottrina che ebbe origine nelle prime età del mondo, e si è conservata fino ai giorni nostri nell’intimo pensiero di moltissimi; ma la presentano sotto un aspetto più razionale, più conforme alle leggi progressive della natura, e più in armonia con la sapienza del Creatore, spogliandola di tutto quello che vi ha aggiunto la superstizione. E’ circostanza degna di nota, che essi in questi ultimi tempi non l’hanno insegnata solo in questo libro. Prima ancora che questo libro fosse pubblicato, innumerevoli comunicazioni della medesima natura si erano ottenute in diverse contrade, e si sono poi considerevolmente moltiplicate. Qui sarebbe forse il caso di esaminare perché‚ non tutti gli Spiriti siano concordi su questo punto; ma vi ritorneremo in seguito.
Consideriamo per ora la cosa sotto un altro aspetto, senza tener conto delle istruzioni degli Spiriti. Mettiamoli da parte per un momento, e supponiamo che questa teoria non sia opera loro anzi, che non si sia mai parlato di Spiriti. Poniamoci per un istante sopra un terreno vergine di ogni preconcetto, ammettendo nello stesso grado di probabilità tutte e due le ipotesi, cioè quella della pluralità e quella della unità delle esistenze corporee, e vediamo da quale parte ci guiderà la ragione e il nostro proprio interesse. Alcuni respingono l’idea della reincarnazione per il solo fatto che non la trovano di loro gusto, asserendo di averne già troppo di un’esistenza sola, e di non volerne ricominciare un’altra. Noi ne conosciamo alcuni, i quali inorridiscono al solo pensare di dover tornare sulla terra. A questi non abbiamo a domandare che una cosa, cioè: se pensano che Dio abbia consultato il loro gusto ed avviso per regolare l’universo. Del resto, non c’è via di mezzo: l’incarnazione o esiste, o non esiste. Ora, se esiste, hanno un bel protestare, ma converrà che la subiscano, Dio non ne chiederà a loro il permesso. Sarebbe pur comodo all’ammalato, se potesse dire: Ho sofferto abbastanza oggi, domani non voglio più soffrire! Invece, per quanto grande sia la sua impazienza, bisogna che egli soffra e il domani e i giorni successivi fino a che sia guarito. In egual modo, se quei riluttanti devono rivivere di nuovo, torneranno a vivere e si reincarneranno, né gioverà l’ostinarsi come i fanciulli, che non vogliono andare a scuola, o i condannati, che rifuggono dalla prigione: sarà giocoforza passare per questa trafila. Queste obiezioni sono troppo puerili, perché‚ meritino un esame serio. Nondimeno, per rassicurarli, diremo loro che la dottrina spiritica sull’incarnazione non è così tremenda come credono, e che, se l’avessero studiata bene, non ne sarebbero così sgomenti, poiché‚ saprebbero che le condizioni della nuova esistenza dipendono da loro: essa sarà felice od infelice secondo quello che avranno fatto quaggiù allo scopo di potere, già in questa vita, elevarsi tanto in alto da non più temere la ricaduta nel fango.
Si noti che supponiamo di parlare a chi crede in un qualunque avvenire dopo la morte e non a coloro i quali hanno per prospettiva il nulla, o vogliono sommergere l’anima loro in un Tutto universale senza individualità come le gocce della pioggia nell’Oceano, ciò che press’a poco è lo stesso. Se, dunque, credete in un avvenire come che sia, non ammetterete certamente che esso sia lo stesso per tutti; diversamente, in che consisterebbe l’utilità del bene? Perché‚ imporsi sacrifici? Perché‚ non soddisfare tutte le proprie passioni, tutti i propri desideri, fosse anche a spese altrui, giacché‚ non ci sarebbe né‚ da perdere, né da guadagnare? Se credete che l’avvenire d’oltretomba sarà più o meno felice od infelice secondo le opere della vostra vita, non potete che desiderare di divenire veramente felici, giacché‚ si tratta dell’eternità. Avreste voi forse la pretesa di essere gli uomini più perfetti mai esistiti sulla terra, e di avere così senz’altro il diritto alla suprema felicità? No certamente, e quindi ammettete che ci sono degli uomini, i quali, poiché‚ vi superano in merito, hanno diritto a un posto migliore, senza che per questo voi siate fra i reprobi. Ebbene: ponetevi un istante col pensiero in questa condizione media, che sarà probabilmente la vostra, e supponete che qualcuno venga a dirvi: Voi soffrite, non siete felici quanto potreste, mentre avete dinanzi degli esseri che godono una perfetta felicità: volete cambiare la vostra condizione con la loro? - Senza dubbio, direste voi: che bisogna fare - Riparare al mal fatto, e cercare di far meglio. - Esitereste voi ad accettare, fosse anche al prezzo di molte esistenze di prova? Certamente no! Se a un uomo, il quale senza trovarsi in estrema miseria, soffra tuttavia delle privazioni per la scarsezza dei suoi guadagni, qualcuno dicesse: Ecco una immensa fortuna, potete procacciarvela, ma all’uopo bisogna lavorare faticosamente per lo spazio di un minuto! Anche se fosse l’uomo più pigro della terra, non direbbe senza esitazione: Lavoriamo un minuto, due minuti, un’ora, un giorno, se occorre: che cosa è un giorno di lavoro se mi metterà in condizione di vivere sempre in mezzo agli agi? - Ora riflettete: che cosa è la durata della vita corporea in confronto della eternità? Meno che un minuto, meno di un secondo.
Altri oppositori della reincarnazione partono da un principio diverso, e dicono: Iddio, che è sommamente buono, non può imporre all’uomo di ricominciare una sequela di miserie e di tribolazioni. Trovereste voi forse che sia maggiore bontà condannarlo ad un supplizio eterno per alcuni momenti di errore, anziché‚ dargli i mezzi di riparare i suoi falli?
Sentite: Due industriali avevano ciascuno un operaio, che poteva aspirare ad essere un giorno loro socio. Ora avvenne una volta, che questi due operai sciupassero la giornata, e meritassero un severo castigo. Uno dei due industriali scacciò senz’altro il suo operaio, senza punto impietosirsi delle sue lacrime, e questi, non avendo trovato lavoro, perì di miseria. L’altro invece disse all’operaio negligente: Tu hai perduto una giornata di lavoro, e me ne devi una a compenso; hai eseguito male il tuo compito, e me ne devi risarcire; io ti permetto di rifarlo. Cerca di lavorare con impegno, ed io ti lascerò presso di me, e potrai sempre sperare nel premio che ti avevo promesso. C’è forse bisogno di chiedere quali di questi due industriali sia stato più umano? E vorreste che Dio, nonostante la sua infinita clemenza, fosse più inesorabile di un uomo? Il pensiero che la nostra sorte venga decretata per tutta l’eternità, dopo pochi anni di prova, anche quando non sia dipeso da noi il raggiungere la perfezione sulla terra, mette nell’animo lo sconforto e la disperazione. Invece, l’idea di potere riparare al male fatto, o al bene trascurato, ci infonde coraggio e ci consola, perché‚ ci lascia la speranza.
Quindi, senza pronunziarci pro o contro la pluralità delle esistenze, non abbiamo difficoltà di asserire che, se fosse dato all’uomo lo scegliere, nessuno certamente preferirebbe il giudizio senz’appello. Scrisse un filosofo, che, se Dio non esistesse, bisognerebbe inventarlo per la felicità del genere umano; si potrebbe dire lo stesso della pluralità delle esistenze. Ma ripetiamo, Iddio non chiede il nostro permesso, e non consulta le nostre opinioni: il nodo sta nel sapere se la reincarnazione sia un sogno, o una realtà.
Consideriamo dunque la cosa ancora da un altro lato, sempre senza contare sull’insegnamento degli Spiriti, e solo come studio filosofico. E’ evidente che, se non ci fosse la reincarnazione avremmo un’unica vita corporea; ora, se l’attuale nostra esistenza corporea è l’unica, l’anima di ciascun uomo viene creata al momento della sua nascita, a meno che non se ne ammetta la preesistenza, in tal caso sorge spontanea la domanda, che cosa sia stata l’anima prima della nascita, e se quello stato non costituisca una esistenza sotto qualunque forma. Non c’è via di scampo: o l’anima esisteva, o non esisteva prima del corpo. Se sì, in che modo? Aveva, o non aveva la coscienza di se stessa? Se non l’aveva, è a un dipresso come se non fosse esistita; se aveva la propria individualità, doveva essere progressiva, o stazionaria: in ambo i casi si ha ragione di chiedere: a quale grado era giunta, quando s’incarnò?
Ammettendo invece, secondo la credenza volgare, che l’anima nasca contemporaneamente al corpo, o, ciò che è lo stesso, che prima della sua incarnazione abbia solo facoltà negative, noi domandiamo:
1) Perché‚ l’anima mostra tendenze così diverse e indipendenti dalle idee acquistate con l’educazione?
2) Donde proviene l’attitudine straordinaria di certi bambini per una data arte o una data scienza, mentre altri ne sono incapaci, o vi restano mediocri per tutta la vita?
3) Dove prendono alcuni quelle idee innate che non esistono in altri?
4) Da che derivano, in qualche bambino, quegli istinti prematuri di vizio o di virtù, quei sentimenti innati di dignità o di bassezza, che contrastano con l’ambiente in cui sono nati?
5) Perché‚ ci sono uomini, i quali, indipendentemente dalla educazione, sono più progrediti degli altri?
6) Perché‚ ci sono uomini selvaggi ed uomini incivili? Se prendete dalla culla un bambino Ottentotto, e lo educate nei nostri più famosi licei, ne farete mai un Laplace o un Newton?
Qual è la filosofia, che possa risolvere questi problemi? Le anime, al nascere della creatura, o sono uguali, o sono disuguali: se uguali, perché‚ quelle attitudini così diverse? Qualcuno dice che esse dipendono dall’organismo; ma una tale dottrina sarebbe più mostruosa ed immorale che mai, poiché‚ allora l’uomo, ridotto a semplice macchina, zimbello della materia, non dovrebbe più rispondere dei propri atti, e potrebbe rigettare tutto sulle sue imperfezioni fisiche. Se invece sono disuguali, fu Dio a crearle così: ma allora perché‚ quella innata superiorità concessa ad alcune? Potrebbe questa parzialità, essere conforme alla sua giustizia e all’amore uguale, che porta a tutte le sue creature? Ammettendo invece una successione di esistenze anteriori progressive, tutto viene spiegato. Gli uomini portano seco nascendo l’intuizione di ciò che hanno appreso, e sono più o meno progrediti secondo il numero delle esistenze trascorse, e quindi la loro maggiore o minore lontananza dalla propria origine; perfettamente come in una adunanza di persone di ogni età, dove ciascuna avrà uno sviluppo proporzionato al
numero degli anni vissuti, poiché‚ le coesistenze successive sono per la vita dell’anima quello che gli anni sono per la vita del corpo. Radunate un giorno mille persone dall’età di un anno a quella di ottanta, e supponete che un fitto velo vi nasconda il loro passato così da crederle nate tutte nel medesimo giorno. Naturalmente non potrete non chiedere a voi stessi, come avvenga che le une siano grandi e le altre piccole, le une vecchie e le altre giovani, le une dotte e le altre ignoranti. Ma se quel velo occultatore si dileguasse, se veniste a conoscere che esse sono vissute in un diverso spazio di tempo più o meno lungo, tutto vi apparirebbe limpidamente chiaro. Iddio, nella sua giustizia, non ha potuto creare anime più o meno perfette, e con la pluralità delle esistenze, siffatte disparità non hanno più nulla di contrario alla più rigorosa equità. E questo nostro ragionamento si appoggia forse sopra un sistema, sopra una supposizione arbitraria? No. Prendendo le mosse da un fatto evidente, inoppugnabile, cioè dalla disuguaglianza delle attitudini e dello sviluppo intellettuale e morale, lo troviamo inesplicabile secondo tutte le altre teorie, e al contrario semplice, naturale, logico, evidente secondo la nostra. Dovremmo dunque preferire quelle che non spiegano nulla, a quella che spiega tutto?
Alla sesta domanda si risponderà senza dubbio che l’Ottentotto è di una razza inferiore. E allora domanderemo: Ma l’Ottentotto è un uomo, o non è un uomo? Se sì, perché‚ Iddio lo ha privato, insieme coi suoi conterranei, dei privilegi concessi alla razza caucasica? Se no, perché cercare di farlo cristiano? La dottrina spiritica è più logica: per essa non ci sono diverse specie di uomini, ma solamente uomini il cui Spirito è più o meno in ritardo, ma pur sempre capace di progredire. Non è dunque
questa dottrina più conforme alla giustizia di Dio? Fin qui abbiamo veduto l’anima nel suo passato e nel suo presente; se la consideriamo nel suo avvenire, incontriamo le stesse difficoltà.
1) Se la sola esistenza presente deve decidere della nostra sorte futura, qual è nell’altra vita la condizione del selvaggio e dell’uomo incivilito? Sono essi nel medesimo grado, o si differenziano nella somma della eterna felicità?
2) L’uomo che poté‚ dedicare tutta la sua vita al proprio miglioramento è nello stesso grado di quello che gli è rimasto inferiore, non per sua colpa, ma perché‚ non ebbe né il tempo, né la possibilità di fare lo stesso?
3) L’uomo che fa male per ignoranza del bene, può essere tenuto a rispondere di uno stato di cose, che non dipendeva da lui?
4) Si lavora per illuminare gli uomini, per moralizzarli, per incivilirli; ma intanto, mentre si riesce ad educarne uno, milioni ne muoiono ogni giorno, prima che la luce sia pervenuta sino a loro. Qual è dunque la sorte di costoro? Sono trattati come reprobi? E nel caso contrario, che cosa hanno fatto per meritare di trovarsi nello stesso grado degli altri?
5) Qual è la sorte dei bambini che muoiono prima di aver potuto fare il bene o il male?
Se sono gli eletti, perché‚ questo favore senza che abbiano potuto meritarlo? Per qual privilegio sono esenti dalle tribolazioni della vita? Ecco altri quesiti insolubili secondo qualunque altra dottrina; mentre, se ammettete per l’anima più esistenze consecutive, tutto vi si spiega in modo conforme alla giustizia di Dio. E invero, ciò che non si è potuto fare in una esistenza, si può fare in un’altra; così nessuno sfugge alla legge del progresso, tutti vengono ricompensati alla stregua del merito reale, e nessuno rimane escluso dalla felicità suprema, a cui può arrivare, per quanto grandi siano gli ostacoli che incontra nel suo cammino.
Tali questioni potrebbero moltiplicarsi all’infinito dal momento che i problemi psicologici e morali, che non trovano soluzione se non nella pluralità delle esistenze, sono innumerevoli. Noi ci siamo limitati ai più generali. Qualunque cosa sia, si dirà forse che la dottrina della reincarnazione non è ammessa dalla Chiesa: sarebbe dunque un sovvertimento della religione. A questo proposito, poiché‚ non intendiamo di trattare ora un tale argomento, ci basta aver dimostrato che essa è eminentemente logica e morale ora, ciò che è morale e logico, non può esser contrario ad una religione, che proclama Iddio come la bontà e la ragione per eccellenza. Che sarebbe avvenuto della religione, se, contro l’avviso universale e contro i dettami della scienza, si fosse ostinata nell’errore, e avesse ripudiato chiunque non prestava fede al movimento del sole ed ai sei giorni della creazione?
Quale credenza avrebbe meritato, e quale autorità avrebbe avuto fra i popoli colti una religione fondata sopra errori evidenti, imposti come articoli di fede? Quando l’evidenza di alcune verità fu dimostrata la Chiesa si è messa saggiamente dalla parte dell’evidenza. Ora quando si provi che molti fatti della vita sono impossibili senza la reincarnazione e che certi punti del dogma non si possono spiegare che per suo mezzo, sarà pur giocoforza ammetterla e confessare che l’antagonismo fra quella dottrina e questi dogmi è solo apparente. Più tardi mostreremo come la religione forse ne sia meno lontana che non si pensi, e come essa non avrebbe nulla da soffrire, nello stesso modo che non ebbe a soffrire della scoperta del movimento della terra e dei periodi geologici, i quali, a prima vista, parvero smentire i sacri testi. D’altra parte, il principio della reincarnazione traluce da vari passi della Scrittura, e nel Vangelo in particolare è professato nella maniera più esplicita:
«Allorché‚ discendevano dalla montagna (dopo la trasfigurazione), Gesù fece questo comandamento, e disse loro. Non parlate ad alcuno di ciò che avete veduto, sino a che il Figlio dell’Uomo non sia risuscitato dai morti. Allora i suoi discepoli lo interrogarono, e gli dissero: Perché dunque gli Scribi dicono che bisogna che venga prima Elia? Ma Gesù rispose: E’ vero che Elia deve venire, e che egli ristabilirà ogni cosa. Ora io vi dico che Elia è già venuto; ma essi non lo conobbero, e lo fecero soffrire come a loro piacque. Ed è così che faranno morire il Figlio dell’uomo. Allora i suoi discepoli capirono che Egli aveva parlato di Giovanni Battista». (Matteo, Cap XVII).
Poiché‚ Giovanni Battista era Elia, lo Spirito od anima di Elia aveva dovuto reincarnarsi nel corpo di Giovanni Battista. Qualunque sia, del resto, il concetto che uno si forma della reincarnazione, l’ammetta, o non l’ammetta, se proprio esiste, gli converrà rassegnarvisi e subirla. Noi ci contentiamo d’insistere sul punto essenziale, cioè che l’insegnamento degli Spiriti è in sublime maniera cristiano, poiché‚ si appoggia sulla immortalità dell’anima, sulle pene e ricompense future, sulla giustizia di Dio, sul libero arbitrio dell’uomo, sulla morale di Cristo. E’ da stolti dunque tacciarlo di irreligiosità.
Abbiamo ragionato, come ci eravamo proposti, senza riguardo all’insegnamento spiritico, il quale, per gli avversari, non fa autorità. Se noi e tanti altri abbiamo adottato la teoria della pluralità delle esistenze, non è già perché essa ci viene dagli Spiriti, ma perché ci è sembrata la più logica, e perché solo essa risolve tanti quesiti prima d’ora insolubili. Anche se ce l’avesse insegnata un semplice uomo come noi, l’avremmo accettata ugualmente, senza esitare un minuto a rinnegare le nostre idee personali. Ove un errore sia dimostrato, l’amor proprio ha più da perdere che da guadagnare con l’ostinarsi in esso. In ugual modo, poi, l’avremmo respinta, quantunque insegnata dagli Spiriti, se ci fosse sembrata contraria alla ragione, poiché‚ sappiamo per esperienza che non bisogna accettare alla cieca tutto quello che ci viene da loro, come tutto quello che ci viene dagli uomini.
Agli occhi nostri, la teoria della reincarnazione ha dei titoli di sommo rilievo; prima quello di essere strettamente logica, e poi quello di essere confermata dai fatti, positivi e incontrastabili, che uno studio attento e ragionato può fornire a chiunque si dia la pena di osservare con pazienza, e di fronte ai quali non è più possibile il dubbio. Allorché‚ questi fatti saranno divulgati come quelli della formazione del moto della terra, bisognerà bene arrendersi all’evidenza, e gli oppositori ci rimetteranno le spese delle loro caparbie negazioni.
Concludiamo quindi col ripetere che la dottrina della pluralità delle esistenze spiega ciò che senza di essa è inesplicabile; che essa ci apporta ineffabili consolazioni; che essa risponde alla giustizia più rigorosa; e che essa è per l’uomo l’ancora di salvezza datagli da Dio nella sua misericordia.
Le parole stesse d Gesù lo affermano precisamente. Ecco quel che si legge nel Vangelo secondo Giovanni al Cap. III:
3. - «Gesù, rispondendo a Nicodemo, disse: In verità, in verità ti dico, che, se l’uomo non rinasce, non può vedere il regno di Dio».
4. - «Nicodemo gli disse: Come mai l’uomo può nascere, quando è vecchio? Può egli rientrare nel seno di sua madre, e nascere una seconda volta?».
5. - «Gesù rispose In verità ti dico, che se l’uomo non nasce d’acqua e di spirito, non può entrare nel regno di Dio. Ciò che è nato dalla carne, è carne, e ciò che è nato dallo spirito, è spirito. Non ti meravigliare di quello che ti ho detto; bisogna che
nasciate di nuovo».
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