89° Capitolo - Sapere

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89° Capitolo

Premesse > La Dottrina degli Spiriti > _C_ > I tre Regni della Natura

di Allan Kardec
Domande agli Spiriti e relative risposte. - Da Allan Kardec

TRE REGNI DELLA NATURA
89°Capitolo

Gli Animali e l’Uomo

Se paragoniamo l’uomo e gli animali dal lato dell’intelligenza, la linea di confine sembra difficile a stabilirsi,
poiché certi animali, a questo riguardo, sono notoriamente superiori a certi uomini. Non è possibile stabilire in
modo preciso questa linea di confine?
Su questo punto i vostri filosofi non sono molto d’accordo: alcuni vogliono che l’uomo sia una bestia; altri, che la bestia sia un uomo: e hanno torto tutti. La creatura, divenuta che sia uomo, è un essere a parte, che purtroppo talvolta scende molto in basso, ma che può anche elevarsi a singolare altezza. Nel fisico, l’uomo è come gli animali, e assai meno dotato di molti di essi: la natura ha dato a questi tutto ciò che egli è obbligato ad inventare con la sua intelligenza per i suoi bisogni e per la sua conservazione. Il suo corpo si distrugge, è vero, come quello degli animali, ma il suo Spirito comprende il proprio destino, perché già pienamente libero. Poveri uomini, che vi abbassate al di sotto del bruto! Non ve ne sapete distinguere? Riconoscete l’uomo all’idea che egli ha di Dio.

E’ esatto dire che gli animali agiscono solo per istinto?
No. L’istinto domina, è vero, nella maggior parte degli animali; ma non ne vedete altri che agiscono con determinata volontà? Questa è intelligenza, sebbene limitata.

Kardec: Oltre l’istinto, non è possibile negare in certi animali atti riflessi, che denotano una determinata volontà d’agire a seconda delle circostanze. C’è dunque, in essi, una specie d’intelligenza, il cui esercizio è più specialmente concentrato sui mezzi di soddisfare i loro bisogni fisici e di provvedere alla loro conservazione. Però non creano, non inventano: per quanto sia grande l’arte che ammiriamo nei loro lavori, fanno oggi ciò che facevano un tempo, né meglio, né peggio, con forme e proporzioni costanti ed invariabili: l’uccellino, anche isolato da quelli della sua specie sin dalla nascita, costruisce ugualmente il proprio nido sullo stesso modello, senza che alcun altro glielo insegni. In quelli poi, che sono capaci di una certa educazione, lo svolgimento intellettuale, sempre ristretto in dati limiti, è dovuto in gran parte all’azione dell’uomo sopra una natura pieghevole. Inoltre, questo progresso, è puramente individuale e piuttosto effimero, perché nell’animale, lasciato a se stesso, non tardano a prevalere di nuovo gli istinti della sua natura.

Hanno gli animali un linguaggio?
Un linguaggio formato di parole e di sillabe, no; ma un mezzo di comunicare fra loro, sì. Con questo mezzo si dicono assai più cose di quanto non crediate; ma il loro modo di farsi intendere è limitato ai loro bisogni, come le idee.

Ci sono animali privi di voce. Di questi, almeno, pare si possa dire che non hanno linguaggio?
Si comprendono per altra via. E voi, uomini, non avete forse altro mezzo che la parola per comunicare? Che dite voi, per esempio, dei muli? Gli animali sono dotati della vita di relazione, quindi hanno mezzi per esprimere le proprie sensazioni. Credete voi che i pesci non s’intendano fra loro? Dunque l’uomo non ha il privilegio esclusivo del linguaggio; ma quello degli animali è istintivo e limitato nella cerchia dei loro bisogni e delle loro idee, mentre quello dell’uomo è perfettibile, e si presta a tutte le eccezioni della sua intelligenza.

Kardec: Infatti i pesci che emigrano in massa come le rondinelle, e ubbidiscono alla guida che li conduce, devono avere i mezzi di avvertirsi, di concertarsi. Questo avviene forse perché hanno vista acutissima, per mezzo della quale distinguono i segni che si fanno; o forse perché l’acqua è un veicolo che trasmette loro certe vibrazioni; ma, comunque sia la cosa, è incontrastabile che hanno i mezzi d’intendersi come tutti gli animali che, sebbene privi di voce, fanno lavori in comune. Or qual meraviglia che gli Spiriti possano comunicare fra loro senza il soccorso della parola articolata?

Gli animali hanno il libero arbitrio dei loro atti?
Non sono semplici macchine, come credete voi; ma in essi la libertà d’azione è limitata ai loro bisogni, e non si può paragonare a quella dell’uomo. Inferiori di molto a lui, non hanno i medesimi doveri. La loro libertà è limitata agli atti della vita materiale.

Da che proviene l’attitudine di certi animali ad imitare il linguaggio dell’uomo, e perché questa attitudine si trova piuttosto negli uccelli che nelle scimmie, la cui struttura ha più analogia con la nostra?
Dalla particolare conformazione degli organi vocali secondata dall’istinto d’imitazione: la scimmia imita i vostri gesti; certi uccelli imitano la vostra voce.

Se gli animali hanno un’intelligenza, che concede loro una certa libertà d’azione, c’è dunque in essi un principio indipendente dalla materia?
Sì: essi hanno un principio indipendente dalla materia, il quale sopravvive al corpo.

Questo principio è un’anima simile a quella dell’uomo?
E’ un’anima, se così volete chiamarla: questo dipende dal significato che date alla parola; ma quest’anima è inferiore a quella dell’uomo. V’è, fra l’anima del bruto e quella dell’uomo, la stessa distanza che c’è dall’uomo a
Dio.

L’anima degli animali conserva, dopo la morte, la sua individualità e la coscienza di se stessa?
La sua individualità sì; ma non la piena coscienza del suo io: la vita intellettiva rimane in certo modo latente.

L’anima dei bruti può incarnarsi a sua scelta in un animale piuttosto che in un altro?
No: essa non ha ancora il libero arbitrio.

Poiché l’anima dell’animale sopravvive al corpo, dopo la morte passa nello stato erratico, come quella dell’uomo?
Senza dubbio, perché separata dal corpo; ma non per questo è uno Spirito errante, cioè un essere che pensa ed opera con perfetta libertà. L’anima dei bruti non ha le stesse facoltà, poiché la coscienza dell’io è attributo del solo Spirito. Lo Spirito dell’animale, appena questo è morto, viene debitamente avviato da Spiriti, che hanno questo compito, senza che egli abbia il mezzo di potersi mettere in relazione con altre creature.

Gli animali seguono anch’essi, come gli uomini, una legge progressiva?
Sì, e per questo, nei mondi superiori, ove gli uomini sono più avanzati, anche gli animali sono parimenti più avanzati, ed hanno mezzi di comunicazione più sviluppati, però essi sono sempre inferiori e sottoposti all’uomo: sono per lui intelligenti servitori.

Kardec: In ciò non v’è nulla di straordinario: supponiamo, ad esempio, i nostri animali più intelligenti, quali il cane, l’elefante, il cavallo, con conformazione appropriata ai lavori manuali: che cosa non potrebbero essi fare sotto la direzione dell’uomo?

Gli animali progrediscono come l’uomo per effetto della loro volontà, o per una forza indipendente da loro?
Per una forza indipendente da loro, poiché non vi è per essi espiazione.

Nei mondi superiori, gli animali conoscono Iddio?
No: per gli animali sono Dei gli uomini, come già per gli uomini furono Dei gli Spiriti.

Dato che gli animali, anche perfezionati nei mondi superiori, sono sempre inferiori all’uomo, ne risulterebbe che Dio avrebbe creato degli esseri intellettuali perpetuamente condannati all’inferiorità, il che sarebbe in contraddizione con la legge del progresso che si ammira in tutte le sue opere?
Tutto, nella natura, è concatenato con legami che voi non potete ancora discernere. Le cose più disparate in apparenza hanno punti di contatto, che l’uomo terrestre non arriverà mai a comprendere: ora può intravederli con uno sforzo della sua intelligenza; ma non riuscirà a veder chiaro nell’opera di Dio, se non quando questa avrà conseguito tutto lo sviluppo di cui è capace, e si sarà liberata dai pregiudizi dell’orgoglio e dell’ignoranza. Fissatevi bene in mente, che Dio non si può contraddire, e che tutto nella natura è posto in armonia da leggi generali, che non si allontanano mai dalla sublime saggezza del Creatore.

Così l’intelligenza è una proprietà comune, un punto di contatto fra l’anima delle bestie e quella dell’uomo?
Sì; ma gli animali hanno piuttosto l’intelligenza della vita materiale, e l’uomo piuttosto quella che dà la vita morale.

Se si considerano tutti i punti di contatto fra l’uomo e gli animali, non si potrebbe pensare che l’uomo abbia due anime, cioè l’animale e la spirituale, e che, se anche non avesse questa ultima, potrebbe vivere, ma come il bruto, o in altri termini, che l’animale è un essere simile all’uomo, senza però l’anima spirituale? Ne verrebbe che i buoni od i cattivi istinti dell’uomo sarebbero gli effetti della prevalenza di una di queste due anime.
No, l’uomo non ha due anime; ma il corpo ha i propri istinti, che sono gli effetti della sensazione degli organi. In lui sono due nature: l’animale e la spirituale: per il corpo partecipa della natura degli animali e dei loro istinti, per l’anima partecipa della natura degli Spiriti.

Quindi, oltre che contro le proprie imperfezioni di cui deve spogliarsi, lo Spirito ha da lottare anche contro l’influenza della materia?
E’ proprio così, e quanto più basso, tanto più stretti sono i legami, che lo tengono unito a questa. L’anima dell’uomo e l’anima dell’animale sono distinte fra loro in modo, che quella dell’uno non può animare il corpo creato per l’altra. Ma l’uomo, se non ha anima animale che lo metta con le sue passioni a livello dei bruti, ha peraltro il corpo, che lo abbassa troppo sovente fino ad essi, ed anche più in basso, perché dotato di vitalità, con istinti indipendenti dall’intelligenza, e limitati alla cura della sua conservazione.

Kardec: Lo Spirito già maturo ad incarnarsi nel corpo di un uomo gli arreca il principio intellettivo e morale, che lo rende superiore ai bruti. Dalle due nature, che sono nell’uomo, traggono origine diversa le sue passioni: alcune, cioè, dagli istinti dell’animale, altre dalle impurità dello Spirito, di cui egli è l’incarnazione, e che ha maggiore o minore simpatia per la rozzezza degli appetiti brutali. Lo Spirito, purificandosi, si libera a poco a poco dall’influenza della materia: sotto il peso di questa, egli si approssima al bruto; ma quando poi ne scuote il giogo, si eleva verso la sublime sua mèta.

Da dove traggono gli animali il principio intelligente che ne costituisce l’anima?
Dall’elemento intelligente universale.

Dunque l’intelligenza dell’uomo e quella degli animali emanano da un unico principio?
Sì; ma nell’uomo esso ha ricevuto una elaborazione, che lo rende superiore a quello che anima il bruto.

Ci avete detto che l’anima dell’uomo, alla sua origine, è come nell’infanzia della vita corporale, che la sua intelligenza è appena in sul destarsi, e che essa tenta le prime prove di vita. Dove compie lo Spirito questa sua prima fase?
In una serie di esistenze, che precedono il periodo da voi chiamato l’umanità.

In tal modo, parrebbe, che l’anima ora umana sia stata prima il principio intelligente degli esseri inferiori della creazione?
Non abbiamo già ripetuto più volte che nella natura tutto si collega, e tende all’unità? In quegli esseri, che voi siete lontani dal conoscere tutti, il principio intelligente si elabora, si individua a poco a poco, e tenta le prime prove di vita; è in un certo modo un lavoro preparatorio come quello della germinazione, in conseguenza del quale il principio intelligente subisce una trasformazione, e diventa Spirito. Allora incomincia per esso il periodo dell’umanità, e con questo la coscienza del suo avvenire, la distinzione del bene e del male e la imputabilità dei suoi atti, come dopo il periodo dell’infanzia viene quello dell’adolescenza, poi quello della giovinezza, e finalmente quello dell’età matura. In questa origine non c'è nulla che debba umiliare l’uomo. I grandi ingegni, i geni sono forse umiliati, perché furono feti informi nel seno della madre loro? Se ci sono cose che lo debbano umiliare, sono queste sole: la sua nullità di fronte a Dio, la sua impotenza d’investigarne la profondità dei disegni, e l’infinita sapienza delle leggi che regolano l’armonia dell’universo. Riconoscete la grandezza di Dio in questa armonia mirabile, che fa un tutto indissolubile della natura. Credere che Iddio avesse potuto fare qualche cosa senza uno scopo, e creare degli esseri intelligenti senz’avvenire, sarebbe bestemmia contro la sua bontà, che si estende su tutte le sue creature.

Il periodo dell’umanità comincia sulla nostra terra?
La terra non è il punto di partenza della prima incarnazione umana: il periodo dell’umanità comincia, in generale, in mondi ancora più bassi. Tuttavia, questa regola non é assoluta, e potrebbe darsi che uno Spirito, già nel suo esordire nella umanità, fosse atto a vivere sulla terra. Il caso però non è frequente, e sarebbe piuttosto un’eccezione.

Ha lo Spirito dell’uomo, dopo la morte, coscienza delle esistenze, che precedettero per lui il periodo dell’umanità?
No, perché solo da questo periodo incomincia la sua vita di Spirito, ed è già molto, se si ricorda appena delle sue prime esistenze come uomo, nella stessa maniera che l’uomo non si ricorda più dei primi tempi della sua infanzia, e ancora meno del tempo che passò nel seno della madre. E’ per questa ragione che gli Spiriti vi dicono d’ignorare il loro principio.

Lo Spirito, entrato che sia nel periodo dell’umanità, conserva qualche traccia di quello che era precedentemente nel periodo che potrebbe chiamarsi preumano?
Secondo l’intervallo che separa i due periodi, e secondo il progresso compiuto. Per qualche generazione può esservi un riflesso più o meno pronunciato dello stato primitivo, poiché in natura non si fa alcuna cosa di sbalzo, e
vi sono sempre anelli che congiungono l’estremità della catena degli esseri e degli avvenimenti; ma quelle tracce si
cancellano con lo svolgersi del libero arbitrio. I primi progressi si compiono lentamente, perché non ancora secondati dalla volontà: poi seguono una più rapida progressione, a seconda che lo Spirito acquisti più perfetta coscienza di se stesso.

Alcuni Spiriti dissero che l’uomo è un essere a parte nell’ordine della creazione: si sono dunque ingannati?
No, perché la questione non era stata svolta e d’altra parte ci sono cose che devono venire a loro tempo. L’uomo, in ogni modo, ha facoltà superiori a quelle di tutti gli altri esseri terrestri, e Dio ne ha scelto la specie per l’incarnazione delle sue creature, “che possono già conoscerlo”.
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