35° Capitolo
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Incarnazione degli Spiriti
35°Capitolo
Materialismo
Per quale ragione gli anatomisti, i fisiologi e in generale coloro che studiano più specialmente le scienze naturali, sono così spesso portati al materialismo?
Perché riferiscono tutto a ciò che vedono: orgoglio degli uomini, i quali credono di sapere tutto, e non ammettono che ci sono cose che possano sorpassare la loro intelligenza! La loro scienza li rende così presuntuosi da credere che la natura non abbia più segreti per loro».
Non è doloroso che il materialismo sia per lo più conseguenza di studi, i quali dovrebbero anzi mostrare all’uomo la superiorità dell’Intelligenza che governa il mondo?
Non è vero che il materialismo sia effetto di questi studi. La colpa è dell’uomo, che ne trae una falsa conseguenza, poiché egli suole abusare di tutto, anche delle cose migliori. D’altra parte, il nulla lo atterrisce più di quanto voglia far credere, e gli spiriti forti sono spesso assai più millantatori che animosi. I più sono materialisti, soltanto perché non hanno di che colmare questo vuoto; ma dinanzi all’abisso che minaccia d’inghiottirli, mostrate loro un’àncora di salvezza, ed essi vi si aggrapperanno soddisfatti».
Kardec: Per un’aberrazione dell’intelletto vi è chi non vede negli esseri organici se non l’azione della materia, e vi riferisce tutti i nostri atti. Poiché non hanno saputo scorgere nel corpo umano altro che una macchina elettrica; poiché hanno studiato il meccanismo della vita solo nelle funzioni degli organi; poiché hanno veduto questa perire così spesso per la rottura di un filo, hanno cercato se mai ne rimanesse qualche cosa, e, non avendo trovato altro che la materia divenuta inerte, non avendo veduto l’anima fuggire, non avendo potuto prenderla a volo, per così, dire, hanno concluso che tutto era unicamente riposto nelle proprietà della materia, e che però dopo la morte altro non vi ha che il nulla: conseguenza tristissima, se fosse vera, poiché allora il bene ed il male sarebbero indifferenti, e l’umanità, fondata sull’egoismo, porrebbe al di sopra di ogni cosa la soddisfazione dei propri piaceri, e i legami sociali andrebbero distrutti, e i più santi affetti spezzati per sempre. Ma fortunatamente queste idee sono tutt’altro che generali, anzi sono assai circoscritte come opinioni personali, giacché in nessun luogo costituirono mai quel che si dice una dottrina. Una società che fosse poggiata su queste basi, porterebbe in se stessa il germe della propria dissoluzione, ed i suoi membri si dilanierebbero a vicenda come bestie feroci.
L’uomo sente istintivamente che con la morte non finisce tutto per lui, sente orrore del nulla, e, quantunque rifugga dal pensiero dell’avvenire, arrivato che sia il momento supremo, non può non domandare a se stesso che sarà di lui, poiché l’idea di abbandonare la vita senza ritorno strazia l’animo anche più indurito. E infatti chi potrebbe mai guardare con indifferenza la sua separazione assoluta ed eterna da tutto quello che ha amato? Chi mai senza spavento potrebbe mirare spalancato innanzi a sé l’immensurabile abisso del nulla, in cui sparirebbero ingoiate per sempre tutte le sue facoltà, tutte le sue speranze, e dire a se stesso: Come! Dopo di me più nulla? Null’altro che il vuoto? Tutto dunque deve finire irreparabilmente? Qualche giorno ancora, e poi la mia memoria sarà cancellata per sempre anche dalla mente dei miei più cari! E del mio passaggio sulla terra non resterà più alcun vestigio, e sarà anche dimenticato il bene che avrò fatto a degli ingrati per rendermeli benevoli! E a compenso di tutti i dolori della vita e delle lotte sostenute per un nobile e generoso ideale nient’altro che il nulla, e nessun’altra prospettiva, tranne la tetra visione del mio corpo roso dai vermi!
Oh, come questi pensieri devono riempire l’animo di amarezza, di sconforto, e di raccapriccio!
La religione insegna, e la ragione conferma, che non può essere così. Ma l’esistenza futura, vaga ed indeterminata come ce la predicano, non soddisfa le esigenze di una mente avida di cognizioni concrete, la qualcosa in moltissimi genera il dubbio. Dite che abbiamo un’anima, e sia; ma che cos’è quest’anima? Ha essa qualche forma, qualche apparenza? E’ un essere limitato, o indefinito? Chi la vuole un alito di Dio, chi una scintilla del fuoco eterno, chi una particella del gran Tutto, il principio della vita e della intelligenza; ma con quale vantaggio? E che c’importa di avere un’anima, se dopo di noi essa si confonde nell’immensità, come una goccia d’acqua nell’oceano? La perdita della nostra personalità non equivale al nulla per noi? Si pretende anche che essa sia immateriale; ma una cosa immateriale non potrebbe avere proporzioni definite; dunque, ricadiamo nel nulla. La religione, è vero, c’insegna che saremo felici od infelici secondo il bene od il male che avremo fatto. Ma qual è la felicità che ci aspetta in grembo a Dio? Una perenne beatitudine, una contemplazione eterna, senz’altro compito che di cantar le lodi del Creatore? E le fiamme dell’inferno, gli strumenti della pena, sono realtà, o sono figure? La Chiesa stessa le intende in quest’ultimo significato. Ma dunque quali sono le minacciate sofferenze? Dov’è il luogo del supplizio? In poche parole: che si fa, che si vede in quel mondo di là, che tutti ci attende? Assicurano che nessuno ne è mai tornato per darcene relazione.
Al che rispondiamo: Vi ingannate; la missione dello Spiritismo è appunto quella d’illuminarci intorno a questo avvenire, e di farcelo quasi toccare con mano, non più con ragionamenti, ma coi fatti. In grazia delle comunicazioni spiritiche, esso non è
più un’ipotesi, una probabilità, che ciascuno immagina a suo talento, che i poeti creano con ingegnose finzioni, dipingono con mendaci figure allegoriche; ma una realtà oggettiva, poiché gli esseri stessi d’oltretomba vengono a descriverci la loro
condizione e a dirci quello che fanno, e, in certo modo, permettendoci di assistere a tutte le vicende della loro nuova vita, ci mostrano la sorte inevitabile che ci è serbata, secondo i nostri meriti o demeriti. E’ forse questa una dottrina antireligiosa? Parrebbe il contrario, perché gl’increduli ci trovano la fede, e i tiepidi uno sprone al fervore ed alla fiducia. Dunque, lo Spiritismo è il più valido ausiliario della religione, e Iddio lo concede per rianimare le nostre vaghe speranze, e per ricondurci sulla via del bene mediante la conoscenza dell’avvenire.